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Cosa è l’HIIT? E perchè “funziona”?

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Teoria
Pratica
Gian Mario Migliaccio

Gian Mario Migliaccio

Dottore di Ricerca (Ph.D) - Sport Scientist, Biologo nutrizionista. Ricercatore indipendente presente come autore su Pubmed con oltre 30 studi internazionali - Abilitato Professore Universitario ASN 2016

Sommario

In questo articolo

HIIT, High Intensity Interval Training. L’allenamento intervallato ad alta intensità è tra i più praticati in Italia

Cosa è l’HIIT e perché è scoppiato nel Mondo?

L‘allenamento intervallato ad alta intensità (high intensity interval training: HIIT) alterna periodi di intenso esercizio fisico a periodi di recupero, completo o parziale.

Per gli effetti che comporta alle prestazioni e agli adattamenti fisiologici viene spesso confrontato con l’allenamento continuo ad intensità moderata (moderate-intensity continuous training: MICT).
L’HIIT è definito un protocollo a basso volume, ovvero non è un allenamento basato su ore o chilometri ma focalizzato sull’intensità, o meglio, sul tempo trascorso a tale intensità.

Per esempio può essere un obiettivo lavorare 10 minuti ad alte intensità, in 15 minuti nella red-zone (sforzo ad alta intensità), oppure arrivare a bruciare 600 kcal, integrando all’allenamento i principi della nutrizione sportiva.

Ma questo è un esempio che per te può essere anche controproducente perchè l’HIIT “non si allena con le tabelle”, ma solo e soltanto con una corretta implementazione del metodo EBT, Evidence Based Training. L’allenamento basato sulle evidenze scientifiche; e l’HIIT è basato su evidenze scientifiche.

Vediamo cosa è l’HIIT e come utilizzarlo.

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Cosa è l’HIIT? E perchè “funziona”?

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Perché l’HIIT è sulla bocca di tutti?

L’allenamento intervallato ad alta intensità è diventato un caso di successo in tempi rapidi, anche se nel 99% dei casi non a tutti sono noti i contenuti scientifici alla base del metodo.

Nonostante gran parte del successo sia da attribuire al marketing e non alla scienza (consistente) chi lo pratica non sembra davvero aver bisogno di capire “perchè l’HIIT funziona“, ma si fa bastare la gioia nel farlo. Perché? Semplice: l’HIIT è motivante.

Non c’è solo l’HIIT

Nell’evoluzione dei programmi di allenamento degli ultimi cento anni una grande attenzione è stata volta alle metodiche, valutando i carichi, le ripetizioni, le serie, i recuperi.

Sono state assegnate tabelle precise fin nel minimo dettaglio, e monitorate con strumenti di valutazione sofisticati, che però non sono utili a dare una risposta a ogni domanda.

Neanche l’HIIT consente di rispondere a tutte le domande, ma limita l’incertezza, e offre una via più chiara da seguire restringendo le opzioni disponibili ed eliminando le strade non più efficaci.

Nell’HIIT conta l’intensità

Immagina di dover correre, imposta tu la velocità. Nella maggioranza dei casi un “non agonista” imposterà la sua velocità ad una intensità “sotto massimale e sotto soglia”, ovvero una intensità posta a metà strada la corsa blanda e quella in soglia anaerobica.

Un corridore neofita sceglierà una intensità dove riesce a parlare con il compagno.

Un corridore amatore o master invece sceglierà una intensità più alta e si posizionerà vicino alla soglia anaerobica, ma ancora abbastanza lontano. Riuscirà a parlare con il compagno ma con difficoltà.

Un corridore agonista invece, se dovesse impostare in autonomia una corsa a ritmo costante, tenderebbe a posizionarsi molto vicino alla sua velocità di soglia, dove si sente “nel flow”, nel secondo vento, dove insomma mette il pilota automatico e corre a metà strada tra la fatica ed il riposo in una perfetta zona di comfort.

In ognuno di questi 3 casi non si può parlare di HIIT perchè, per definizione, l’HIIT inizia oltre la soglia anaerobica, zona che possiamo definire sotto massimale.

Poi abbiamo l’intensità “massimale” che anche se il termine può ingannare, non è il massimo realizzabile ma la massima velocità al massimo consumo di ossigeno (VO2max)

E quindi abbiamo l’intensità sovra massimale (oltre il VO2max) che possiamo definire “all-out”, il fuori-tutto. Quella velocità che, per fare un esempio concreto, puoi raggiungere se alle tue spalle hai due Dobermann affamati che ti vogliono sbranare.

Più o meno quella.

Ed è proprio quella intensità (o molto vicina) che il noto ricercatore Izumi Tabata nel 1996 aveva definito per realizzare il primo modello di HIIT con un forte contenuto scientifico.

Nelle centinaia di diverse modulazioni di HIIT (il 20-10 di Tabata è solo uno di questi e neppure il più utile…) si potranno quindi definire momenti “intensi” (oltre la soglia anaerobica) e momenti di recupero (recupero attivo o recupero passivo) con lunghezze diverse.

Attenzione però, ogni piccolo cambiamento vi farà allenare a qualcosa di diverso.

Cosa è l'HIIT? E perchè "funziona"?
nel 1996 Differenze tra MICT, HIIT e SIT

I numeri che spiegano l’HIIT

L’HIIT è un allenamento intervallato ad alta intensità che si può applicare allo Sport ed al Fitness sia ad amatori che ad atleti di elite, con effetti diversi e ben precisi.
Per capire davvero cosa è l’HIIT bastano tre numeri: il primo è 100, poi 30 ed infine 9.

Il primo numero, 100

Cento sono gli anni dell’esperienza di campo nel Mondo, ovvero tanti atleti e tanti allenatori che in oltre 100 anni hanno sviluppato dei metodi d’allenamento che , man mano, si sono dimostrati efficaci.

Se oggi abbiamo l’HIIT è stato grazie ad atleti come Paavo Nurmi o Emil Zatopek che con i loro successi (basati su allenamenti intervallati) dal 1960 alcuni scienziati si sono messi a studiare gli effetti dell’allenamento intervallato.

Il secondo numero, 30


L’interesse degli scienziati è iniziato trenta anni fa. 30 sono gli anni da quando la ricerca scientifica ha iniziato a studiare questi fenomeni cercando di capire come mai alcuni atleti vincevano e altri assolutamente no, cosa c’era di diverso, di corretto o di sbagliato? Studi scientifici internazionali che hanno coinvolto decine di migliaia di atleti dall’Australia all’Europa all’America sono stati coinvolti in protocolli che hanno valutato gli effetti a breve, medio e lungo termine di ogni singolo parametro fisiologico.

Si è iniziato a capire, come ho spiegato nel corso sull’HIIT, HIIT Expert, e nel primo libro in Italia sull’HIIT, Formula HIIT, non tanto quali siano le “tabelle” di HIIT ma (cosa davvero più importante) quali sono le reali modificazioni fisiologiche che grazie all’HIIT possiamo raggiungere ed in quanto tempo.

Cosa è l'HIIT? E perchè "funziona"?

Il terzo numero, 9

9 sono le variabili dell’ HIIT, con opportune modifiche e manipolazioni possiamo arrivare esattamente dove vogliamo in maniera “semplice”, ovvero prevedendo una azione “dose-riposta” efficace.
Cosa possiamo variare? Possiamo calibrare l’intensità, aumentare la durata dell’intensità, aumentare o diminuire il numero delle ripetizioni, variare la modalità del recupero ed adottando un recupero passivo o attivo .
Ma non solo.
Dire “Attivo” o “Passivo” non basta perché comporta adattamenti e miglioramenti completamente diversi: guarda articolo su recupero attivo e recupero passivo.
Ed ancora.
Quando inserire HIIT, quanto deve durare, quante ripetizioni, quante serie, che recupero tra le serie…

Ogni modifica comporta uno specifico adattamento.

Ad esempio puoi cambiare il recupero da passivo ad attivo ed avere adattamenti centrali (aumento del volume del ventricolo sinistro del miocardio) e periferici (aumento della densità dei mitocondri) e non l’esatto contrario.

Cosa è l'HIIT? E perchè "funziona"?
Una vita intervallata
A differenza dell’uomo dei giorni nostri il dispendio calorico dell’Homo sapiens era molto più alto con una vita attiva ed intervallata.

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Come è nato l’HIIT?

Oggi lo sviluppo tecnologico ci permette di vivere in un mondo molto evoluto, ma in realtà siamo ancora uomini delle caverne.

È vero che in milioni di anni ci sono state numerose variazioni genetiche legate anche all’ambiente, che ci hanno trasformato in quello che siamo oggi, ma quanto siamo cambiati dalla preistoria?
Ci dobbiamo porre una domanda: l’atleta di oggi vive nel genoma della sua reale evoluzione? Forse.

Forse perché se confrontiamo il genoma dell’Homo sapiens con quello dell’atleta che ha vinto le ultime Olimpiadi vediamo infatti che le differenze sono minime, se non inesistenti, mentre l’ambiente nel quale oggi si vive e ci si allena è completamente trasformato rispetto a quello inospitale dei nostri antenati.

Sappiamo usare gli intervalli grazie all’Homo Sapiens.

Per salvarsi dai predatori, per procurarsi il cibo o per trovarsi un riparo, l’Homo Sapiens era costretto a percorrere distanze di oltre 15 chilometri al giorno a varie intensità, camminando in pianura, correndo in collina o tra le rocce, arrampicandosi sugli alberi, superando dossi, fiumi, ruscelli.

Il cibo non era sempre garantito, né variato, e altrettanto si può dire del recupero e del sonno, periodi di allerta costante si alternavano infatti ad altri passati in grotta per nascondersi o per proteggersi.

L’uomo del nostro passato ha quindi vissuto una vita atletica e intervallata.
L’uomo moderno, invece, quello che negli ultimi anni, migliaia di anni, ha iniziato a competere anche in forme che si avvicinano allo spirito olimpico dei giorni nostri, ha solo messo in pratica l’esigenza di confrontarsi non più per il mantenimento di se stesso e della specie, ma per puro agonismo e competizione.

L’atleta di oggi è attivo o sedentario?

Possiamo pensare di essere moderni, possiamo pensare di aver raggiunto alti livelli nella ricerca scientifica, nei metodi di allenamento, nella nutrizione, ma la verità è che viviamo a tutt’oggi nel contenitore Homo sapiens.
Numerosi studi che hanno affrontato questo aspetto ci hanno messo nella condizione di capire che mentre i cambiamenti genetici avvengono molto lentamente, le nostre abitudini alimentari e l’attività fisica di tutti i giorni hanno subito dei cambiamenti molto rapidi nel giro di pochi secoli, in particolare negli ultimi 50, 60 anni.
Quando parliamo di atleti dobbiamo infatti considerare che le esigenze competitive non possono essere tanto diverse dai suoi metodi di allenamento, e che una sola seduta nell’arco della giornata non può essere fondamentale ai fini della prestazione: la nostra vita moderna differisce nelle intere 24 ore dalla vita dell’Homo sapiens, un allenamento quindi non sposta nulla.

L’atleta di oggi è un sedentario che fa sport.
Anche il cambiamento dello stile di vita condiziona positivamente o meno lo sviluppo fisiologico e psicologico, in questa visione è giusto pensare che l’atleta di oggi, pur se avvolto da tecnologia, tessuti leggeri e idrodinamici, scarpe ultralight e quant’altro è comunque geneticamente identico all’Homo sapiens.

L’atleta di oggi ha una nutrizione adeguata?

I nostri antenati vivevano prevalentemente in condizioni di moderata ipossia, che vuol dire bassa pressione dell’ossigeno, mediamente ad altitudini tra i 1000 e i 2000 metri, con una alimentazione giornaliera che, oltre a non essere costante e abbondante, era più limitata in apporto di carboidrati rispetto a quanto è il normale fabbisogno energetico dell’uomo dei paesi moderni.

Solo recentemente la ricerca scientifica applicata all’atleta è andata a focalizzarsi nelle aree di sviluppo che riguardano le condizioni di ipossia, considerando l’allenamento ad alta quota, e con digiuno intermittente.

Vivere in un corpo nato per una vita diversa da quella che facciamo oggi crea anche dei fraintendimenti. Per esempio, è ampiamente dimostrato che i carboidrati sono fondamentali per il raggiungimento di ottime prestazioni, soprattutto negli sport ad alta intensità, ma i nostri antenati non ne facevano largo uso.
Alcuni ricercatori hanno infatti riportato che l’uomo di Neanderthal del Belgio aveva un apporto calorico differente dai tempi moderni più alto in proteine e meno in carboidrati:

  • Proteine 19/35%,
  • Carboidrati 22/40%,
  • Grasso compreso tra il 28 ed il 58%.

Alcune popolazioni, sempre alla stessa datazione ma presenti in Spagna, non sembra avessero la carne nella propria dieta.
È stato dimostrato che alcune caratteristiche molecolari sono più efficaci quando l’apporto di carboidrati non è particolarmente alto ed è stata validata la stretta relazione tra le aree motorie e le aree cognitive, confermando l’ipotesi che l’attività fisica ha aiutato anche la capacità di ragionamento dei nostri antenati e la conseguente evoluzione tecnologica.

I Marginal Gains

Ragionando su queste considerazioni dobbiamo riflettere che non esiste una dieta miracolosa, e nemmeno una tabella di allenamento miracolosa, per questo dobbiamo imparare a capire, atleta per atleta, quali sono le soluzioni più efficaci.

Gli atleti che seguo direttamente in Maxima Performa sanno bene che per me è importante “tutto” nelle 24h, perchè i marginal gains (ovvero la somma di tanti piccoli dettagli della giornata) sono molto più impattanti nella performance che non un allenamento singolo, anche se ben fatto.

Se sei un atleta alla ricerca di nuove strategie di allenamento e nutrizione ora puoi accedere ai servizi avanzati di Maxima Performa

Conclusioni

L’HIIT è tutt’oggi tra i principali trend mondiali delle aree Sport Science & Medicine.

Non c’è Congresso o Rivista che non tratti anche gli effetti dell’allenamento HIIT in qualsiasi area della biologia. Allo stesso tempo non esiste palestra o piscina dove, in forme diverse, non si stia applicando una forma di allenamento intervallato ad alta intensità.
L’HIIT però, soprattutto per chi lo sta conoscendo solo in questi anni, non è una moda ma una progressiva ricerca del miglioramento dove, come in una perfetta staffetta, le esperienze di campo lasciano il passo agli studi in laboratorio, per poi utilizzare nuovamente i risultati nei metodi di allenamento. Un processo virtuoso che vede oggi, alla scrittura di questo articolo, un puzzle composto da centinaia o migliaia di pezzi non sempre di facile collocazione.

E tu, hai iniziato ad usare l’HIIT? Se ancora non ti è chiaro qualcosa prova a fare un Webinar Gratuito sull’HIIT dove ti spiego il 10-20-30 oppure scrivi nei commenti.

A presto.

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Referenze

  • Effects of moderate-intensity endurance and high-intensity intermittent training on anaerobic capacity and VO2max – Izumi Tabata et al – MSSE 1996 [LINK]
  • The Effects of High Intensity Interval Training vs Steady State Training on Aerobic and Anaerobic Capacity – C.Foster et al – J Sports Sci Med 2015 [LINK]
  • Effects of different protocols of high intensity interval training for VO2max improvements in adults: A meta-analysis of randomised controlled trials. D.Wen et al – J Sci Med Sport 2019 [LINK]

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