Cos’è l’insulino resistenza?
Spesso si sentono discussioni tra amici dove uno dice all’altro che la colpa per non avere ottimi risultati negli allenamenti è dell’insulina.
A volte l’amica del cuore consiglia di accelerare il metabolismo, alcune volte il suggerimento arriva dalla TV ed è quello di ridurre la resistenza all’insulina.
Forse parliamo della stessa cosa, vediamo di levarci qualche dubbio e ripartiamo da qui.


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Cosa vuol dire essere insulino resistente?
Prima di parlare di questo fenomeno iniziamo dal ricordare chi sono gli attori in campo, sarà più facile capire che avviene.
Cosa è l’insulina?
Prima di parlare di resistenza all’insulina, parliamo dell’insulina: tutto quello che c’è da sapere, magari non proprio tutto ma le cose che ho selezionato per te.
Che cos’è l’Insulina? Un ormone peptidico prodotto all’interno del Pancreas dalle cellule beta delle “Isole di Langerhans”. Ha proprietà anaboliche, ovvero stimola l’ingresso di glucosio nel citosol delle cellule di organi insulino-dipendenti legandosi ad un recettore esterno della membrana cellulare. Con la sua azione facilita anche l’ingresso nei tessuti degli aminoacidi e dei trigliceridi ematici.
In riferimento al metabolismo è interessante sapere che l’insulina favorisce la sintesi di grassi e ne limita l’utilizzo, pertanto pensare di bruciare grassi dopo un pasto ricco di carboidrati ad alto indice glicemico, potrebbe essere completamente inefficace: i grassi rimarranno inutilizzati, anche se la corsa è “lenta” come hanno detto in TV.

Quando si attiva l’insulina?
L’insulina è secreta quando la glicemia, ovvero il livello di glucosio nel sangue, supera i livelli di controllo dell’organismo. Con la sua produzione esercita una riduzione della glicemia mediante l’attivazione di diversi processi metabolici e cellulari.
Ma dove va questo glucosio? Sempre grazie all’insulina il glucosio viene diretto verso le cellule dei tessuti (cellule muscolari ed adipose soprattutto) per essere quindi captato dalle cellule stesse ed uscire dal torrente ematico, ha quindi una funzione ipoglicemizzante.
Questa azione di “catturare” il glucosio circolante e di trasportarlo all’interno delle cellule è facilitata da apposite proteine “trasportatrici”, chiamate GLUT. Nelle cellule muscolari esistono i GLUT-4 che svolgono questo compito perché ha una sensibilità diretta all’insulina.
In sostanza queste molecole che in condizioni normali sono presenti all’interno della cellula, nel citoplasma, grazie all’attivazione dell’insulina (quando avviene il legame dell’insulina con il recettore di membrana) si spostano verso la membrana cellulare.
A livello epatico il trasportatore è il GLUT-2 che opera una funzione doppia, ovvero consente anche il passaggio del glucosio dal fegato verso il torrente ematico, fondamentale nel caso in cui ci dovessimo trovare con limitate concentrazioni di glucosio nel sangue, in ipoglicemia.
Ritornando al GLUT-4 ed all’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue ricordiamo che in condizioni normali il processo che lo crea è questo:
- Mangiamo carboidrati (ma non solo perché anche altre sostanze nutritive presenti negli alimenti, ossia le proteine e i grassi, hanno questo effetto in maniera meno rapida)
- Aumenta la glicemia nel sangue
- Si attiva la secrezione di insulina
- Il glucosio entra nelle cellule e libera il torrente ematico.
Quando l’insulina non ha più efficacia?
Ora iniziamo a capire meglio cosa è la resistenza all’insulina. Se la nostra alimentazione è troppo ricca di zuccheri semplici, povera di fibre e la nostra vita è sedentaria, carica di stress e con frequenti momenti di spossatezza allora il nostro metabolismo potrebbe comportarsi diversamente.
Ora se hai pensato “ma quella è la mia di vita”, ecco allora segui i paragrafi con più attenzione.
Ad ogni pasto, snack, spuntino riverserai grandi quantità di zuccheri nello stomaco, ma essendo zuccheri semplici il tempo di digestione ed assorbimento sarà estremamente ridotto, il glucosio ed il fruttosio, infatti, non necessitano di alcun processo digestivo e vengono assorbiti senza nessuna trasformazione.
E’ un po’ come la favola di Esopo “Al Lupo, al Lupo”: mangi zuccheri e la glicemia sale, ma viene prontamente in soccorso l’insulina e la glicemia scende.
Ancora e ancora, finchè poi non ci crede più…
Una delle cause della progressiva inefficacia dell’azione dell’insulina è proprio nella continua secrezione.
Il nostro organismo sarebbe già tranquillo così, ma noi ci mangiamo uno snack di quelli buoni e salati (che insieme hanno tanti zuccheri, tanti grassi e tanto sale) e via di nuovo: glicemia, insulina e via così…
Poi però dopo un’oretta abbiamo fame, ed il nostro istinto non ci dice “mangia una carota”, ma ci spinge a divorare quella merendina già pronta (però senza olio di Palma, sia mai).
E la storia continua, con una progressiva resistenza all’insulina.
Ora, ripetere questa cosa giorni, settimane, mesi, anni mette in crisi il nostro sistema abituato nell’evoluzione a produrre insulina solo quando era realmente necessario.
E quindi, man mano, la secrezione di insulina sarà sempre meno efficace. Ovvero la produzione continua ma la glicemia non scende (perché la cellula sarà sempre meno attiva nel captare glucosio). La reazione del nostro organismo sarà però immediata e cercherà di compensare aumenterà la quantità secreto di insulina, pensando di risolvere il problema.
Questo causerà l’iperinsulinemia, ovvero alte concentrazioni di ormone nel sangue. Inizialmente questa risposta sembrerà funzionare ma purtroppo il sistema andrà man mano a diventare meno efficiente con la conseguenza di una costante e progressiva aumentata glicemia ad ogni pasto.

Quando l’iperinsulinemia è l’anticamera del diabete
L’azione compensatoria vista in precedenza porta ad un progressivo esaurimento delle cellule del pancreas deputate alla secrezione di insulina, un effetto progressivo che nel tempo porterà una condizione di iperglicemia anche a digiuno diventando il passo precedente del Diabete di tipo 2.
Tutto nasce dai nostri comportamenti in una sequenza di eventi che porta a situazioni man mano sempre più peggiorative.
Si parla quindi di insulino-resistenza quando le cellule dell’organismo diminuendo la propria sensibilità all’azione dell’insulina, ne producono un effetto biologico inferiore rispetto a quanto previsto con le stesse quantità di ormone prodotto.
La conseguenza predominante dell’insulino-resistenza è il diabete di tipo 2 (T2DM). Si ritiene che la resistenza all’insulina preceda lo sviluppo del T2DM di 10-15 anni.
Cosa causa l’insulino-resistenza?
A questo punto inziamo a comprendere meglio le cause e facciamo ordine nei concetti.
L’insulino resistenza è maggiormente frequente negli adulti ma in questa ultima generazione inizia a diminuire l’eta media.
E’ una condizione multifattoriale ovvero è da ricercare in una una combinazione di fattori.
A parte quelli più gettonati sul web “in famiglia siamo tutti così” oppure sempre tra i best seller il “sono così di costituzione, ho le ossa grosse”, la predisposizione familiare esiste ma non è di sicuro la causa scatenante.
Quello che scatena la genetica sono le nostre cattive abitudini, come alimentazione scorretta e sedentarietà. Se avessimo una vita attiva ed alimentazione adeguata la genetica la potremmo lasciare sui libri di testo, chiusa in libreria.
La resistenza all’insulina, inoltre, è un fattore di rischio che frequentemente è evidenziata insieme ad altri fattori, ad esempio:
- Colesterolo LDL alto e basso HDL
- Sovrappeso o obesi con aumento della circonferenza addominale
- Malattie cardiovascolari
- Alti livelli di trigliceridi nel sangue (Ipertrigliceridemia)
- Aumentata pressione arteriosa con superamento dei 140/90 mmHg (Ipertensione)
- Insufficiente azione degli ormoni tiroidei (Ipotiroidismo)
- Livelli alti di glicemia a digiuno oltre i valori normali, compresi tra 60 e 110 mg/dl. (Iperglicemia)
- Altri livelli stress e cambiamenti dell’umore con aumentata aggressività
- Sindrome di Stein-Leventhal o Policistosi Ovarica PCO nota anche come ovaio policistico.
- L’uso prolungato di corticosteroidi (ormoni appartenenti alla famiglia dei glucocorticoidi) e di GH può indurre insulinoresistenza.
- Sindrome metabolica
Basti rileggere la lista e si nota che gran parte delle voci non sono eventi “naturali” ma bensì situazioni alle quali potevamo (e possiamo) intervenire con le nostre azioni quotidiane.

Come capire se si è insulino resistenti?
Nella fase iniziale nulla ci creerà problemi, anzi gran parte delle persone alla vista (ed al palato) di alimenti dolci ne trarrà immediato beneficio, così come la gratificazione di una nuova serie TV sul divano di casa.
Il nostro organismo compenserà la resistenza delle cellule con una maggiore produzione di insulina, sarà davvero bello: si mangia, non si fa nulla e stiamo bene.
Ma poi la magia finirà è la compensazione non sarà più sufficiente, allora inizieremo ad avere i primi sintomi:
- Sonnolenza e stanchezza ricorrente, anche durante il giorno, con sonnolenza più pronunciata dopo un pasto ricco in carboidrati.
- Aumentato stimolo della sete (polidipsia) seguito da frequenti escrezioni urinarie (poliuria) con frequenti ed aumentati stimoli di fame (polifagia).
- Deficit di sonno con risvegli notturni avviati anche dalla necessità di bere, urinare o mangiare.
- Maggior senso di fame, in un continuum di “spizzichi”.
- Difficoltà di concentrazione, focalizzazione e risultati (Brain Fog)
- Iniziali problemi cardiovascolari preceduti da un progressivo aumento della pressione arteriosa.
- Progressivo aumento di peso e delle circonferenze addominali.
- Rigonfiamento, flatulenza, costipazione, diarrea, la nausea e vomito intestinali.
Ad un esame ematochimico inizieranno a vedersi i primi “asterischi” soprattutto nel colesterolo (alto LDL e basso HDL), trigliceridi ma anche diminuzione del testosterone ed aumento del cortisolo.
Se la resistenza all’insulina si trasforma in prediabete o diabete di tipo 2, si noteranno aumenti dei livelli di glucosio nel sangue a digiuno.
ATTENZIONE
A scanso di equivoci, le ossa grosse non esistono…
Come fare se si è insulino resistenti?
Per prima cosa, se gli stili di vita sono distanti dai canoni di “vita attiva ed alimentazione equilibrata”, immediatamente intervenire con nuove abitudini, coinvolgendo un esperto Chinesiologo (laureato in scienze motorie) ed un Nutrizionista (Laureato in Biologia o Medicina).
Quindi verificare il “sospetto” con una diagnosi accurata che sarà definita dal medico sia sulla base della sintomatologia che con tecniche di laboratorio, anche se non esiste un test generalmente accettato, ma possiamo indicare:
- Test di tolleranza al glucosio OGTT
Basato sull’assunzione di una bevanda di 75 g di glucosio e verifica, nell’arco delle 2 ore seguenti, dei valori di glicemia che dovranno rimanere entro i 140 mg/dl per essere ritenuti normali. Valori oltre i 140 o entro i 200 mg/dl dopo due ore possono evidenziare l’insulino-resistenza, mentre oltre i 200 mg/dl sono soprattutto indice di diabete mellito. - Test di soppressione dell’insulina (IST)
Viene interrotta la secrezione di insulina con la somministrazione per endovena di una soluzione a base di octreotide e somatostatina, in 3/5 minuti.
Vengono poi somministrati continuativamente glucosio al 20% e insulina esogena, monitorando la glicemia a zero, 30, 60, 90 e 120 minuti e, successivamente, ogni 10 minuti per l’ultima mezz’ora del test. I soggetti con glucosio plasmatico allo stato stazionario (SSPG) superiore a 150 mg / dL sono considerati resistenti all’insulina. - Morsetto Euglicemico Iperinsulinemico
Da ritenersi il gold-standard per la resistenza all’insulina, è basato sulla somministrazione endovena di insulina e glucosio e monitoraggio costante ogni 5 o 10 minuti per verificare le quantità di glucosio e insulina necessari per mantenere la normoglicemia, evitando che i livelli di glicemia si abbassino al di sotto dei 4 mg/min, indice di insulino-resistenza.
Altri metodi possono essere l’ Homeostatic Model Assessment (HOMA), e il Quantitative insulin sensitivity check index (QUICKI). Sia HOMA che QUICKI impiegano livelli di insulina e glucosio a digiuno per calcolare la resistenza all’insulina ed entrambi sono correlati con i risultati del Morsetto Euglicemico Iperinsulinemico
Potrà essere quindi direttamente il medico a prescrivere una dieta immediata con l’indicazione di essere seguiti da un dietista, con la raccomandazione di riprendere l’attività fisica.
. Quando l’insulina è prodotta in quantità non sufficiente dal pancreas oppure le cellule dell’organismo non rispondono alla sua presenza, nel sangue si avranno livelli di glucosio più alti del normale (iperglicemia) favorendo, così, la comparsa del diabete.
Approfondimento
In soggetti sani, che hanno una vita regolare e un’alimentazione corretta, generalmente
nell’arco della giornata i valori della glicemia si mantengono tra i 60 e i 130 mg/dl.
A digiuno, i valori glicemici possono variare dai 70 ai 110 mg/dl; tra 110 e 125 mg/dl si tratta di condizione di alterata glicemia a digiuno (IFG), una condizione che dovrebbe invitare il paziente a porre maggior attenzione al suo stile di vita.
Valori di glicemia uguali o superiori a 126 mg/dl sono da considerarsi probabili sintomi.
NOVITA’
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Come si contrasta l’insulino resistenza?
Come visto nell’articolo gran parte dei miglioramenti dipendono principalmente dalle nostre abitudini ma per arrivare a questa condizione ci abbiamo messo anni, è impensabile credere che in qualche giorno di dieta con qualche corsetta saltuaria tutto passerà, di sicuro non la fame.
E quindi, cosa fare? Primariamente consultare gli specialisti citati prima, sia per l’attività fisica che per la nutrizione perché ogni cambiamento dovrà prima accertare il punto di partenza individuale con una corretta anamnesi.
Nella media le persone in accertata insulino resistenza potrebbero tratte benefici da questi suggerimenti.
Quale dieta per l’insulino resistenza?
Per cambiare le abitudini che hanno portato (nel tempo) all’insulino resistenza, è necessario agire su un ridotto introito calorico, mantenendo però la varietà dei nutrienti e non limitare i soli carboidrati, scegliendo per questi ultimi alimenti a basso indice glicemico.
La Dieta Mediterranea “originale” limita i grassi saturi a favore di frutta, verdura, pesce e cereali e può essere una base di partenza. I cereali dovrebbero essere sempre integrali poiché le fibre contenute in questi alimenti abbassano i trigliceridi, migliorano il senso di sazietà e regolano la produzione di insulina. Hanno anche un alto apporto di vitamine e minerali.
Il mantenimento delle proteine è necessario perché evitano la perdita di massa magra (insieme alla massa grassa) ma, oltre che per la massa muscolare, stimolano la secrezione di insulina e di glucagone.
In questo caso è sempre meglio preferire proteine derivate da carni magre (limitando la carne rossa ad 1 o 2 volte la settimana sempre con la contemporanea presenza di fibre), legumi e formaggi magri. Il pesce (ad esempio il pesce azzurro, salmone, tonno sgombro, pesce spada) contengono acidi grassi essenziali (Omega 3 ALA, con i derivati EPA e DHA) utili a migliorare la sensibilità delle cellule all’insulina.
Fondamentale rimane il ripristino di abbondanti porzioni di verdura (cruda e cotta) oltre alla frutta, entrambe sempre fresche di stagione. Questi alimenti migliorano la risposta insulinica oltre a contenere nutrienti importanti quali zinco, cromo e ferro, necessari ai processi metabolici.
I nutrienti da evitare sono principalmente i grassi saturi presenti nelle carni grasse, insaccati, margarina, formaggi stagionati e fritture. Evitare anche zuccheri semplici con particolare attenzione a quelli “nascosti” ovvero presenti in yogurt, dolci, merendine o biscotti. Anche la frutta, se consumata in eccesso e priva di buccia, è da limitare.
Quale attività fisica per l’insulino resistenza?
L’attività fisica migliora la sensibilità insulinica anche in assenza di dieta perché il muscolo è il tessuto con la maggiore presenza nel copro, fino al 40%, e consente il maggior consumo di glucosio. Il muscolo inattivo non è sensibile all’azione dell’insulina mentre un muscolo attivo si. Ecco perché il movimento è un fattore essenziale per contrastare l’insulino resistenza. Questo meccanismo non è mediato dalla glicemia per questo migliora la sensibilità insulinica ed abbassa l’insulino resistenza.
Ma non tutte le attività motorie sono efficaci.
Anche se in TV ti hanno detto che basta camminare sappi che questo potrà servire solo a coloro che stanno passando da una vita composta da 8 ore di sonno e 12 ore seduti, non a persone che hanno già una vita più attiva.
Per la maggioranza della popolazione sana, infatti, l’attività fisica dovrà essere intensa calcolando il livello di intensità sulla base di un “carico interno” (ovvero alla propria percezione di sforzo e fatica) e non in base a tabelle generiche.
Per coloro che hanno una certificazione medico sportiva di tipo non agonistico è consigliato adottare allenamenti più intensi ed intervallati basati su HIIT, High Intensity Interval Training.
L’opinione “sul campo” di Alberto Bazzu

Alberto Bazzu
Sport Science Academy
Founder
Conclusioni
La resistenza all’insulina è principalmente una condizione acquisita correlata al grasso corporeo in eccesso, sebbene vengano identificate anche cause genetiche. La definizione clinica di insulino-resistenza rimane sfuggente in quanto non esiste un test generalmente accettato per l’insulino-resistenza. La modifica dello stile di vita dovrebbe essere l’obiettivo principale del trattamento dell’insulino-resistenza. L’intervento nutrizionale con riduzione delle calorie e l’eliminazione dei carboidrati che stimolano l’eccessiva richiesta di insulina sono una pietra angolare del trattamento. L’attività fisica aiuta ad aumentare il dispendio energetico e migliorare la sensibilità all’insulina muscolare.
Arriviamo quindi al messaggio da portare a casa, al take home message. Veramente tu tieni sempre a mente l’insulina? Perché potrebbe aver senso se tu non sei un atleta e hai una accertata resistenza all’insulina, ma se invece sei un atleta non avrebbe tanto senso perché proprio l’esercizio fisico protratto nel tempo, con giusta intensità, recuperi, nutrizione, difficilmente provoca in condizioni fisiologiche una risposta mediata e corretta dell’insulina senza inficiare gli effetti dell’allenamento.
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Referenze
- Insulin Resistence – Andrew M. Freeman, Nicholas Penning, Stat Pearls 2020 [LINK]
- Insulin resistance, the insulin resistance syndrome, and cardiovascular disease – GM Reaven – Panminerva Med 2005 [LINK]
- Insulin resistance: the link between obesity and cardiovascular disease – GM Reaven – Med Clin North Am 2011 – [LINK]